Dal 1884
La Latteria di Lentiai: tra storia e leggenda.
È fuor di dubbio che, se si vuole avere una visione sintetica ma esaustiva delle vicende storiche e societarie della nostra Latteria, è necessario rifarsi al pregevole manoscritto realizzato nel 1994 dal compianto Flavio Tremea, nota figura di ricercatore e storico, al quale vi rimando con la raccomandazione di leggerlo integralmente. Tremea colloca la nascita del nostro caseificio nel 1884: se pensiamo che la prima latteria cooperativa istituita in Italia risale al 1872, ad opera dell'arciprete di Canale d'Agordo don Antonio Della Lucia, possiamo renderci conto di quanti anni di lavoro e sacrifici sia frutto anche la nostra Latteria. Sono tuttavia necessarie alcune precisazioni: sempre facendo riferimento al Tremea, sottolineiamo che solo a fine ottocento, risolti i problemi legati alla caseificazione e conservazione, si può dare inizio ad una vera e propria produzione di formaggio. Va detto comunque che, mentre a Canale si parlava già di una latteria cooperativa con un sistema collettivo di lavorazione del latte, il caseificio sorto a Lentiai era una latteria privata aperta da certo Antonio Piccolotto detto Toni Mat, probabilmente contemporanea di una struttura analoga ma sociale creata a Bardies di Mel da Francesco Largura (Checco).
Sarà quindi, come ci racconta ancora Tremea, dal 1924 al 1926 che avverrà una sorta di fusione tra gli allevatori di Lentiai e di Bardies con la costituzione, come da statuto del 1928, della Latteria Sociale di Lentiai, anche se la produzione del formaggio era già iniziata il primo ottobre del 1926. In quel momento i soci erano 115 e da allora in poi si dipana la storia più recente della Latteria, in un susseguirsi di eventi, presidenti, segretari e casari le cui vicende qui sarebbe troppo lungo raccontare. Limitiamoci a ricordare che nel corso della sua esistenza la nostra Latteria, proprio grazie alla bontà dei suoi prodotti e all'attenta lavorazione, ha conseguito numerosi, lusinghieri riconoscimenti che contribuiscono a formare un prestigioso albo d'onore. Soffermiamoci invece su qualche dato statistico: nel 1932 i soci erano 40 con una lavorazione media di 9,96 quintali (contro i 23 del 1994 e i 30 attuali con 7 soci), tutti utilizzati per la produzione di burro e formaggio. Già, i prodotti! Scontato affermare che già allora, grazie ad una perfetta alchimia tra produttori e casari, erano particolarmente apprezzati per la loro freschezza e genuinità. Tuttavia il consumo era limitato ad una clientela abbastanza ristretta: però, con l'andar degli anni e con il mutare dei mercati e dei sistemi di vendita, la nostra Latteria amplia notevolmente la produzione, proponendo nuovi tipi di formaggio.
Ai tradizionali grasso e semigrasso (freschi e stagionati) e burro, si affianca la produzione di schiz e ricotta: quest'ultima soprattutto diventa la punta di diamante dell'intero comparto grazie alle sue doti di delicatezza, sapore e freschezza. In questi ultimi anni (siamo a cavallo tra il 1996 e il 1997), è invece salito prepotentemente alla ribalta il formaggio alla piastra denominato "Colderù", la cui storia merita di essere raccontata. Sono periodi difficili, il mercato non tira e il formaggio fresco in deposito è tanto, troppo! Al mancato guadagno si accompagnano anche evidenti difficoltà operative: le forme vanno girate ogni giorno e sono circa 3mila! Un compito lungo e faticoso perché le tavole di appoggio vanno lavate costantemente e nel contempo scarseggia lo spazio: appare evidente che servono strategie diverse per smaltire il formaggio in eccesso. In quel periodo in azienda lavora come aiuto casaro Paolo Tremea, geniale e intraprendente esempio della nostra cultura rurale, da sempre acuto e attento osservatore dei fenomeni socio-economici che ci circondano: guardandosi intorno Paolo nota il successo di un formaggio altoatesino che, tagliato a fette, si cuoce alla piastra e ben si addice ad essere usato durante le molte sagre che punteggiano anche il nostro territorio e comunque in occasione di manifestazioni di particolare richiamo e affluenza.
Paolo è un uomo di poche parole ma di molti fatti, come dimostra il suo impegno nell'associazionismo: con alcune tele da formaggio, cucite dalla moglie e inserite in un tubo di acciaio, riesce a produrre il primo formaggio da piastra a forma cilindrica. Si trattava di battezzare il nuovo entrato e allora quale miglior nome di "Colderù", in onore della zona che conferisce la maggior quantità di latte? È questa una delle tante piccole, grandi storie che punteggiano la vita della nostra Latteria: ma quante altre potremmo trovarne scavando nella storia e nella vita di quelli che sono stati e sono tuttora i veri protagonisti di questa affascinante avventura e cioè i soci? Tra qualche anno resterà forse il rammarico di aver perso per sempre quel patrimonio di valori umani e sociali da essi rappresentato e non ci saranno tecnologie in grado di sostituire il loro lavoro e la loro passione. Per concludere va detto che sono limiti strutturali e non scelte di produzione a frenare l'innegabile sviluppo del "Colderù", come d'altra parte di altri formaggi richiestissimi. Le scelte future, già in cantiere, prevedono l'ampliamento dell'intera struttura con logica, positiva ricaduta sulla filiera produttiva, ma questa è un 'altra storia che, forse, vi racconteremo presto.